Clara
Calamai (ma nei primi lavori
usò lo pseudonimo di Clara Mais) era
figlia del capostazione di quella
che nei primi anni del secolo scorso
si poteva ancora considerare una
cittadina di provincia. A sedici
anni è protagonista e vittima di un
evento drammatico che la segnerà per
tutta la vita (e probabilmente
contribuirà a formarle quel
carattere così introverso): si
innamora di un giovanotto di sei
anni più grande, appartenente ad una
delle famiglie più in vista di
Prato. I genitori di lui e di lei
sono ovviamente contrari e fanno di
tutto per impedire che i due possano
approfondire la loro relazione.
Clara è così sconvolta da quegli
ostacoli che le vietano di
raggiungere quella che lei reputava
la felicità totale, da decidere di
porre fine ai suoi giorni. Prende la
pistola di suo padre, la indirizza
al cuore e preme il grilletto. Ma il
colpo non parte, Clara è salva. Però
- e qui emerge tutto il suo
carattere volitivo - non si arrende:
tira su il cane, preme di nuovo il
grilletto e questa volta il revolver
fa il suo dovere. Trasportata
all’ospedale, rimane per alcuni
giorni tra la vita e la morte. E i
dottori appureranno che la
pallottola non le ha trapassato il
cuore solo perché leggermente
deviata da una costola. Insomma, un
mezzo miracolo.
Non sarà un miracolo, ma solo il frutto della sua bellezza - una bellezza cristallina e per niente vistosa - se qualche anno più tardi entrerà per la porta principale nel mondo del cinema. La leggenda racconta di una sua fotografia che, passata di mano in mano, pervenne in quelle del regista Aldo Vergani (altre fonti dicono che invece il suo scopritore sia stato il direttore di produzione Eugenio Fontana); resta il fatto che le fu chiesto di andare a Roma per un provino. La stessa leggenda vuole che lei si mostrasse ritrosa a partire, ma che invece ebbe la spinta dai genitori, stranamente scevri dai tipici pregiudizi verso il mondo dello spettacolo ancora presenti negli anni a cavallo fra le due guerre mondiali.
Alla prima particina nel Pietro Micca, polpettone propagandistico voluto dal regime fascista, seguì tutta una serie di pellicole non certo di eccelsa qualità: Ettore Fieramosca, Io, suo padre, Il socio invisibile, L’eredità in corsa. Nel 1941 uscì il film che le dette notorietà internazionale e non solo per la sua recitazione, ritenuta unanimemente eccellente, quanto per un fatto che la storia del cinema cataloga come il primo seno nudo apparso in un film non proibito dalla censura. Lo volle Alessandro Blasetti nella Cena delle Beffe, tratto dall’omonimo dramma di Sem Benelli. Fu un evento che suscitò molto scalpore ed ebbe non pochi strascichi polemici.
Clara replicò con uno sdegnoso silenzio, e si gettò anima e corpo nella lavorazione di quello che lei stessa sentiva (e lo ha detto più volte) come il film più importante della sua vita: Ossessione, diretto da Luchino Visconti. Una lavorazione comunque non facile perché Clara ogni giorno di più subiva il fascino di quell'uomo burbero ma gentile, che la trattava talvolta con durezza ma nello stesso tempo con tanto charme. E quale fu la delusione di Clara, quando si dovette accorgere che le maggiori attenzioni di Luchino non erano dirette a lei, bensì verso il protagonista maschile, Massimo Girotti!
Il film, il primo di Luchino Visconti, ebbe un grande successo anche internazionale, e Clara venne issata, suo malgrado, sul piccolo piedistallo riservato ai divi di prima grandezza. Ecco come la descrisse un critico cinematografico, con l’enfasi e la retorica tipici dell’epoca: "Bronzeo il viso, come statua scolpita, curva la fronte ampia ed altera, morbida l’ombra delle rosee gote, incantevoli gli occhi a mandorla, carnose le labbra sensuali, nel volto incorniciato di capelli bruni”.
Ma nonostante il grande successo della pellicola Clara uscì spossata da questa esperienza e in piena crisi esistenziale. Le occorsero due anni di quasi totale inattività e l’incontro con un pilota di aerei (il fascino della divisa azzurra!) per farla tornare alla realtà. Ma con il cinema non riannodò più quel filo che si era - con Ossessione - irrimediabilmente spezzato. Sì, è vero, girò ancora qualche film - anche con lo stesso Visconti, che la volle nella parte di una prostituta nelle Notti bianche - ma Clara aveva deciso che quel mondo artificiale ormai non le apparteneva più. E se ne tenne lontana per gli oltre quarant'anni che le restarono da vivere. Salvo apparire in Profondo rosso di Dario Argento, del 1975: l’anziana attrice è l’assassina vestita di nero lucente.
Non sarà un miracolo, ma solo il frutto della sua bellezza - una bellezza cristallina e per niente vistosa - se qualche anno più tardi entrerà per la porta principale nel mondo del cinema. La leggenda racconta di una sua fotografia che, passata di mano in mano, pervenne in quelle del regista Aldo Vergani (altre fonti dicono che invece il suo scopritore sia stato il direttore di produzione Eugenio Fontana); resta il fatto che le fu chiesto di andare a Roma per un provino. La stessa leggenda vuole che lei si mostrasse ritrosa a partire, ma che invece ebbe la spinta dai genitori, stranamente scevri dai tipici pregiudizi verso il mondo dello spettacolo ancora presenti negli anni a cavallo fra le due guerre mondiali.
Alla prima particina nel Pietro Micca, polpettone propagandistico voluto dal regime fascista, seguì tutta una serie di pellicole non certo di eccelsa qualità: Ettore Fieramosca, Io, suo padre, Il socio invisibile, L’eredità in corsa. Nel 1941 uscì il film che le dette notorietà internazionale e non solo per la sua recitazione, ritenuta unanimemente eccellente, quanto per un fatto che la storia del cinema cataloga come il primo seno nudo apparso in un film non proibito dalla censura. Lo volle Alessandro Blasetti nella Cena delle Beffe, tratto dall’omonimo dramma di Sem Benelli. Fu un evento che suscitò molto scalpore ed ebbe non pochi strascichi polemici.
Clara replicò con uno sdegnoso silenzio, e si gettò anima e corpo nella lavorazione di quello che lei stessa sentiva (e lo ha detto più volte) come il film più importante della sua vita: Ossessione, diretto da Luchino Visconti. Una lavorazione comunque non facile perché Clara ogni giorno di più subiva il fascino di quell'uomo burbero ma gentile, che la trattava talvolta con durezza ma nello stesso tempo con tanto charme. E quale fu la delusione di Clara, quando si dovette accorgere che le maggiori attenzioni di Luchino non erano dirette a lei, bensì verso il protagonista maschile, Massimo Girotti!
Il film, il primo di Luchino Visconti, ebbe un grande successo anche internazionale, e Clara venne issata, suo malgrado, sul piccolo piedistallo riservato ai divi di prima grandezza. Ecco come la descrisse un critico cinematografico, con l’enfasi e la retorica tipici dell’epoca: "Bronzeo il viso, come statua scolpita, curva la fronte ampia ed altera, morbida l’ombra delle rosee gote, incantevoli gli occhi a mandorla, carnose le labbra sensuali, nel volto incorniciato di capelli bruni”.
Ma nonostante il grande successo della pellicola Clara uscì spossata da questa esperienza e in piena crisi esistenziale. Le occorsero due anni di quasi totale inattività e l’incontro con un pilota di aerei (il fascino della divisa azzurra!) per farla tornare alla realtà. Ma con il cinema non riannodò più quel filo che si era - con Ossessione - irrimediabilmente spezzato. Sì, è vero, girò ancora qualche film - anche con lo stesso Visconti, che la volle nella parte di una prostituta nelle Notti bianche - ma Clara aveva deciso che quel mondo artificiale ormai non le apparteneva più. E se ne tenne lontana per gli oltre quarant'anni che le restarono da vivere. Salvo apparire in Profondo rosso di Dario Argento, del 1975: l’anziana attrice è l’assassina vestita di nero lucente.